Frutti antichi del Salento: cosa sono e dove trovarli

Il Salento è dotato di un patrimonio genetico di biodiversità agricola di grande ricchezza. Una terra ricca non solo di ortaggi, ma anche di alberi da frutto che oggi sopravvivono ancora nelle campagne e nei giardini delle ville signorili, rappresentando un vero giacimento di biodiversità.

Nel secolo scorso la frutticoltura era molto più diffusa e soprattutto la coltivazione e la trasformazione del fico rappresentavano un'economia seconda solo a quelle olivicola e vitivinicola. Una stupenda testimonianza ci è fornita dalle foto di Giuseppe Palumbo (1889-1959) che immortalano la raccolta dei fichi e la loro essicazione a inizio Novecento. Vi era anche una discreta economia legata alla produzione di alcolici derivanti dalla fermentazione di tutti gli scarti di produzione: la Distilleria De Giorgi di San Cesario (oggi trasformata in uno spazio culturale e artistico) è forse l'esempio più famoso di questa industria oramai scomparsa.

Altri indizi della diffusione della frutticoltura nel Salento ce li danno i toponimi, diffusi nei paesi ad indicare località e contrade, che svelano quali aree fossero più vocate alle produzioni frutticole. Questo argomento richiederebbe approfondimenti maggiori, ma per dare un'idea citiamo i toponimi Appidè a Corigliano d'Otranto e Maglie, nome griko che significa "pera", il toponimo Fracazzanu a Soleto, che indica una varietà di fico, Colommi a Cerfignano per indicare varietà di fico bifere, etc. L'elenco sarebbe lungo e si rimanda il lettore interessato a pubblicazioni specifiche sul tema.

 

 

Ulteriori magnifiche testimonianze della diffusione di cultivar locali di frutti, sono rappresentate dai fregi scolpiti nella pietra leccese dagli scalpellini che hanno fatto la storia del Barocco. Basta alzare il naso all'insù in qualsiasi paese del Salento e fare attenzione alle tante decorazioni di chiese e palazzi nobiliari per rendersi conto che venivano rappresentate copiosamente specifiche varietà di frutta, talvolta facilmente distinguibili anche dai più distratti.

I frutti dimenticati, antichi, coicidono spesso con quelli definiti "minori", poichè hanno rappresentato storicamente colture marginali, di difficile diffusione commerciale per svariati motivi, ma fortemente legati alle consuetudini alimentari delle popolazioni locali per un consumo più che altro domestico. Stiamo parlando di frutti antichi come il Sorbo, l'Azzeruolo, il Nespolo, il Susino, il Giuggiolo, il Melograno. Ma "dimeticati" sono anche insospettabili, come il Fico, il Pero, il Mandorlo: colture un tempo diffuse ma poco rispondenti alle esigenze della logistica moderna, che esige frutti omogenei, resistenti al trasporto, facilmente confezionabili e riconoscibili. La bio-diversità e la varietà, caratteristiche un tempo ricercate, sono oggi considerate come ostacoli per la distrubuzione che punta all'omologazione.

Ma perchè queste varietà sono così importanti per il nostro territorio? Il loro valore non è soltanto storico o di sentimentale per un passato contadino oramai quasi scomparso. Al contrario, il patrimonio genetico che esse custodiscono, può essere molto importante in tempi di cambiamenti climatici e in questo particolare momento storico in cui una delle produzioni più significative del Salento, quella dell'olio di oliva, è stata fortemente colpita dalla diffusione del Complesso del Disseccamento Rapido. In fondo la biodiversità agricola è stata sviluppata anche da mano umana proprio per assicurare il sostentamento in condizioni ambietali disparate, e dunque la diversificazione delle varietà, le loro caratteristiche di consumo e conservazione, i diversi momenti di maturazione, continuano ad essere elementi preziosi tutt'ora al servizio della sicurezza alimentare delle comunità.

 

 

Per tutti questi motivi i cosiddetti "frutti minori" stanno da qualche anno tornando ad avere una certa attenzione, anche grazie a esperti, studiosi locali e progetti istituzionali che hanno lavorato molto sulla valorizzazione di queste varietà, recuperandole e studiandole. Tra tutti citiamo il biologo Francesco Minonne, che solo per il fico ha censito più di 100 varietà autoctone. Nel suo libro "Varietà frutticole tradizionali del Salento" descrive, oltre ai fichi, anche decine di varietà di mandorlo, pero, agrumi, vite.

Un vero e proprio giacimento di biodiversità, dicevamo, purtroppo troppo spesso dimenticato e abbandonato. Tuttavia, negli ultimi anni, hanno visto la luce esperienze molto interessanti di produzione di antiche varietà frutticole pugliesi, in grado di conciliare economia, tutela della biodiversità e valorizzazione del territorio. Scopriamo insieme qualche esempio.

Azienda agricola Ruralia

Più di un'azienda agricola: un vero conservatorio botanico che accoglie centinaia di varietà frutticole pugliesi. Un campo catalogo con  circa 60 varietà di fico, 20 di pero, 8 di melograno e numerosi altri frutti minori (sorbo, giuggiolo, azzeruolo, susino, cotogno, ecc.). Questo conservatorio botanico che è Ruralia, creato da Francesco Minonne e sua moglie Loredana Mustich, aderisce alla rete Re.Ge.Fru.P (progetto regionale per il recupero e la conservazione delle antiche varietà di frutta pugliesi) ed è arricchito da collezioni di ortaggi e legumi.

 

 

Azienda agricola La Pezza

Claudia Borrello ha cominciato qualche anno fa un lento e profiquo lavoro di recupero di alberi da frutto abbandonati. Con la sua azienda La Pezza produce marmellate da frutti locali, antichi, recuperando il patrimonio arboricolo salentino. Fichi, mandorli, albicocchi, peri, susini, cotogni, azzeruoli, corbezzoli, carrubi: non è raro incontrarli per i campi, spesso non più frequentati dall’uomo, immobili testimoni di altri tempi, oramai abbandonati come le campagne che presìdiano. Per recuperare questo paesaggio “minore”, silenzioso, nascosto, Claudia ha avviato qualche anno fa la sua personale ricerca di “archeologia arborea”.

 

 

Tenuta Bianco, Staiterraterra e Dei Agre

L'avventura comune di queste tre aziende è nata in seguito al disastro ecologico della diffusione del Complesso del Disseccamento rapido dell'Olivo, che ha messo in ginocchio il comparto olivicolo salentino. La riflessione dei tre amici e produttori agricoli li ha portati alla decisione di emanciparsi dagli errori commessi nel passato con la diffusione monocolturale dell'olivo, che ha reso il territorio debole ed esposto verso gli attacchi di patogeni. Per questo hanno recuperato un mandorleto abbandonato da anni, curandolo e rimettendolo in produzione.

Vivaio Punto Verde

Un Vivaio sui generis, nato dalla lungimirante intuizione di Roberto De Giorgi che molti anni fa decise di iniziare una ricerca botanica sul territorio al fianco del già citato Francesco Minonne. Grazie al suo preziosissimo lavoro, molte varietà considerate perdute sono state salvate e riprodotte e sono oggi diffuse tra amatori e non solo. Il vivaio Punto Verde si trova a Melpignano.

Frutterò

Frutterò è un'associazione attiva nel comprensorio di Cutrofiano. Da qualche anno, recupera alberi da frutto abbandonati, facendoseli affidare dai rispettivi proprietari e, dopo aver dato loro le adeguate cure, ne raccoglie i frutti, trasformandoli in delizione confetture.

 

Francesca Casaluci