Manu Manu Riforesta: il progetto che vuole ricreare l’antica foresta del Salento

Non tutti sanno che nel Salento esisteva una foresta di 7000 ettari che andava da Cutrofiano a Specchia, occupava cioè il cuore centro-meridionale della penisola. Era una foresta primordiale conosciuta come Foresta Belvedere, durata come tale fino al 1640, quando cioè il suo territorio fu acquistato dalla famiglia Gallone, che lo mantenne fino al 1860, in pratica fino all’Unità d’Italia. In questo periodo, la foresta divenne riserva di materiale per il lavoro agricolo e artigianale, all’interno del sistema feudale e delle attività economiche popolari del territorio.

Dal 1861, i Gallone cedettero buona parte del territorio forestale ai comuni del nuovo stato, in particolare 15 comuni, tra cui gli attuali Botrugno, San Cassiano, Maglie, Miggiano, Ruffano e Specchia. Ma mantennero la prerogativa dello sviluppo della produzione di olio: imposero cioè che crescesse e si sviluppasse su quel territorio l’olivicoltura, utile al nuovo merchandising internazionale di olio lampante che andava ad alimentare l’energia elettrica di un mondo appena uscito dalla seconda rivoluzione industriale, cioè il mondo industriale capitalista che conosciamo.

Questa premessa, in realtà molto sintetica rispetto alla complessità della questione, è fondamentale per capire il progetto Manu Manu Riforesta, che a poco più di centocinquant’anni di distanza dalla fine della Foresta Belvedere, affronta un’altra questione: l’ecosistema salentino dopo il disseccamento degli ulivi e la diffusione del batterio Xylella.

Si legge sulla pagina di presentazione dl progetto Manu Manu: “Immaginate questo estremo lembo di terra alla fine del mondo, abbracciato da due mari e con al centro un’isola verde nell’isola Salento: una foresta di oltre 7 mila ettari con querce, lecci, frassini, olmi, macchia mediterranea, paludi di cui si ha memoria dalla notte dei tempi. Questa meraviglia della natura è stata spazzata via a metà ottocento, quando è stata introdotta la coltura intensiva di olivo. Senza soluzione di continuità nel tempo, tutti gli alberi - dell’antico ‘Bosco Belvedere’ e poi della ‘foresta’ di ulivi - hanno sempre e generosamente prodotto ossigeno e ombra in questa porzione di Salento. Almeno fino ad oggi.” E ancora: “Vogliamo creare un’agro-foresta. Piantumare tutte le specie un tempo presenti nel ‘Bosco Belvedere’. Coltivare piccoli orti con antiche semenze, frutteti e macchia mediterranea. Immaginiamo questo polmone verde da realizzare come il paradiso della Biodiversità, l’unica in grado di contrastare il processo di desertificazione già in atto da tempo.”

Uno degli animatori principali del progetto è il medico veterinario ed attivista ecologista Vito Lisi. Nell’azienda agricola biologica Merico, produttrice di olio e di proprietà di Lisi, è nato il primo campo di ripiantumazione del progetto Manu Manu Riforesta: 62 specie diverse tra quelle pre-esistenti, piante e alberi cioè che erano presenti nella vecchia foresta. Tra di essi carrubo, lentisco, noce e mirto. Le piantumazioni sono avvenute il 2 febbraio 2020, dopo l’estate ha attecchito il 60% di esse.

“La Foresta Belvedere del periodo dei Gallone non era un semplice bosco” ci spiega Vito “ma era diventato un ecosistema complesso comprendente anche piante non tipiche del Salento: si pensi al castagno, alla manna, alla quercia Frainetto, le cui ghiande erano usate per nutrire il maiale nero, suino storico delle terre salentine. Nel 1860 i Gallone cedettero la foresta ai comuni con il diktat di fare l’olio lampante dei Paduli, quindi si può dire che l’Unità d’Italia coincise qui con l’inizio della monocoltura dell’olivo. Oggi se si sale su una serra della zona della foresta, come quella di Ruffano, si vede una distesa grigia di chiome bruciate, e ogni tanto un’oasi verde: sono le antiche vegetazioni che resistettero all’olivicoltura. Oggi occorre ripartire da lì e ridare l’ossigeno, letteralmente, al Salento, farlo in modo pianificato e scientifico, ma allo stesso tempo resistendo alla volontà di imporre nuove monocolture peggiori di quelle precedenti. L’attacco agli ulivi è una situazione dolorosa per noi cresciuti in mezzo a questi alberi, ma quello che è successo non è un caso e occorre dirlo chiaramente, al di là dell’emotività: la situazione attuale è il risultato di una storia di monocolture, pesticidi e distruzione della biodiversità. Parliamo di migliaia di specie, compresi le piante e gli alberi da frutto, che erano la base dell’alimentazione meridionale e che nel giro di pochi decenni sono praticamente scomparsi.”

All’interno dell’area SIC Padula Mancina (Sito d’Interesse Comunitario), nella parte ovest pertinente al comune di Ruffano, è stato acquistato un ettaro di terreno grazie alle donazioni di persone interessate al progetto, terreno che si aggiunge al mezzo ettaro di partenza del progetto, all’interno della proprietà dell’azienda Merico di cui dicevamo sopra, e ad altri due ettari a Miggiano, donati da un uomo miggianese emigrato da tempo a Udine.

“Mancando gli ulivi”, continua Vito, “il territorio è diventato soggetto a forti speculazioni, come l’innesto della cultivar Favolosa o i mega-impianti di pannelli fotovoltaici. Noi stiamo disegnando un immaginario cerchio rosso, una sorta di riserva indiana di sostenibilità e biodiversità che guardi ad un futuro diverso di ossigeno e di decolonizzazione.”

Il progetto Manu Manu coinvolge esperti del settore come la d.ssa Rita Accogli, responsabile dell’Orto botanico di Lecce e ha il patrocinio dell’università di Lecce. È un progetto cioè di pianificazione territoriale e non di ripiantumazione casuale, sebbene nasca come si dice “dal basso”, cioè dall’attivismo e dal mondo associativo, e sia orientato al bene comune attraverso l’acquisto di terre collettive, filosofia che va oltre la dinamica classica pubblico-privato. Stiamo parlando quindi di un vero e proprio esperimento scientifico, che parte da una storia forestale e si propone come obiettivo la riforestazione, ma procedendo per prove e risultati. E che potrà ingrandirsi ed essere l’esempio per esperimenti futuri, soprattutto se la popolazione salentina capirà la portata degli obiettivi in gioco.

“Abbiamo oggi un centinaio di persone coinvolte, abbiamo gruppi di lavoro come quello scientifico, sulla comunicazione, sulla progettazione, sui rapporti con le istituzioni. Ci sono professionalità interne che rendono credibile il progetto, ma abbiamo bisogno di acquisire i terreni coinvolgendo le proprietà, soprattutto di quei terreni ormai abbandonati. Ci stanno aiutando tante persone, artisti e comunicatori vari, ma siamo ancora agli albori.”

A breve nascerà di un sito di riferimento, per ora si può entrare a contatto con il progetto Manu Manu Riforesta dalla sua pagina Facebook.

 

Gianluca Ricciato