Compostiera di comunità a Melpignano. Il rifiuto umido si ricicla a kilometro zero

È nata da qualche anno a Melpignano un’esperienza innovativa per la gestione dei rifiuti organici: la compostiera di comunità. Sembra uno dei tanti casi in cui una pratica positiva dal punto di vista sociale, ambientale ed economico rimane inspiegabilmente relegata ancora ad evento pionieristico e isolato. Per questo motivo il 26 novembre scorso, presso l’ex Convento degli Agostiniani a Melpignano, le realtà protagoniste di questo progetto hanno presentato un piano: coinvolgere la cittadinanza più attivamente anche sul piano comunicativo, attraverso un questionario che valuterà l’efficienza di questo progetto e possibilmente la sua replicabilità. Il teatro virtuale di questo questionario è la piattaforma web nata per il progetto Compost Community di Melpignano, dove si può monitorare l’intero processo, scambiarsi opinioni, fare domande e avere risposte riguardo al ciclo dei rifiuti.

Il questionario partirà all’inizio del 2020 e coinvolgerà la cittadinanza e le imprese: si formerà cioè un gruppo di sperimentatori che parteciperanno al monitoraggio e avranno in cambio una parte del compost in dono e la possibilità di acquistare altro compost prodotto con lo sconto del 20%. La partecipazione a questo questionario sarà gratuita e su base volontaria.

Ma cos’è innanzitutto una compostiera di comunità? È una cosa abbastanza semplice: un piccolo impianto ai margini del paese dove viene conferita tutta la frazione organica della raccolta differenziata, cioè il cosiddetto rifiuto umido. La compostiera lo lavora in modo non impattante per l’ambiente e restituisce ai cittadini stessi materiale fertilizzante per le piccole coltivazioni. È un esempio concreto di quella che oggi si chiama economia circolare, fa risparmiare soldi e materia prima, riduce l’inquinamento in particolare in una terra come il Salento, invasa nei decenni scorsi, come tutto il Sud, da pratiche nocive ed infestanti: discariche abusive, gestione mafiosa di rifiuti urbani e speciali, malapolitica che ha fatto affari e per decenni è stata sorda ai doveri della riduzione e del riciclo, conseguenti pericoli ambientali e sanitari.

«Il compostaggio di prossimità – dice Roberto Paladini, di InnovAction[1] - consiste nel fatto che, ad esempio, una comunità di qualche migliaia di persone autogestisce il ciclo del rifiuto organico e ha la possibilità di avere un proprio impianto di compostaggio, che in quanto non impattante (di piccola dimensione e aerobico) può essere autorizzato e avviato senza i tempi della VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale), data appunto la piccola stazza.»

Paladini, che è uno dei gestori principali dell’impianto, spiega poi alcuni dettagli del funzionamento della compostiera, tra i quali ad esempio la lombricoltura, cioè l’utilizzo dei lombrichi, utili come si sa per il processo chimico di compostaggio della frazione umida, ma anche in generale contro l’impoverimento del suolo. Importante è anche il fatto che si utilizzino a Melpignano sacchetti di carta per la raccolta domestica dell’umido, e non più la bioplastica: questa spesso creava ostacoli all’impianto, mentre il sacchetto di carta è migliore perché, oltre a non bloccare le macchine, permette di nascondere di meno il rifiuto e lo riduce all’interno del cestino creato a casa. L’obiettivo primo dell’impianto, del resto, è quello di produrre un compost di alta qualità, quindi è importante non ricevere sostanze estranee, cioè scarti estranei alla frazione organica. Anche per questo motivo, cioè per implementare un meccanismo di monitoraggio della qualità – che è parte del processo che porta ad una corretta informazione, e quindi ad una cultura del riciclo - è stata creata come dicevamo prima una piattaforma web, cioè un sito in cui i cittadini possono anche dialogare con i gestori della raccolta, attraverso un’APP.

L’indirizzo è www.compostcommunity.it : oltre all’App di monitoraggio di cui dicevamo, c’è un’area per l’amministrazione comunale, un’area pubblica con un forum interattivo, un’area privata per operatori e tester del progetto pilota, al fine di monitorare le macchine e la raccolta, un blog informativo per sensibilizzare sul tema compost e sul riciclo virtuoso.

Oltre a InnovAction e Applica, alcuni degli altri partner del progetto sono l’Università di Bari e l’Unione dei comuni della Grecìa Salentina.

Vittoria De Luca che gestirà gli aspetti organizzativi principali del lavoro di somministrazione dei questionari afferma: «Questo progetto non si limita all’impianto di Melpignano, ma è un progetto di comunità denominato Living Lab di cui fanno parte tutti i partner coinvolti, le amministrazioni e i cittadini, e che fa parte a sua volta di una grande rete europea di Living Labs, originariamente nata in Finlandia e di cui ora fa parte anche la compost community della regione Puglia.»

Si è scelto di ubicare la compostiera di Melpignano accanto ad un vecchio impianto di compostaggio già esistente, di proprietà comunale ma di gestione regionale (faceva parte di tre impianti, gli altri due erano a Campi e a Ugento). Questo impianto funzionò per poco tempo, perché a causa della liberalizzazione della gestione dei rifiuti urbani, uscì dal mercato e restò fermo.

«La decisione di avviare una compostiera di comunità, incredibilmente ignorata da tutti gli altri comuni pugliesi al di sotto dei 5.000 abitanti che avrebbero usufruito del finanziamento, non è che la riproduzione in chiave moderna del recupero della frazione organica che facevano i nostri nonni. Affronta e prova a risolvere il problema dal punto di vista economico, sociale e ambientale nelle piccole comunità. Va assolutamente implementata e diffusa», sottolinea Ivan Stomeo, sindaco di Melpignano. La Regione Puglia ha infatti stanziato, dai fondi europei, 250.000 euro per ogni comune al di sotto dei 5.000 abitanti che volesse avviare un progetto di Compost Community, ma ha risposto solo Melpignano! Perché non fare piccoli impianti di 25.000/30.000 tonnellate, aerobici e quindi sostenibili, invece di un unico grande impianto, fortemente impattante sul territorio? Al contrario di chi dice che non è una scelta economicamente vantaggiosa - se si guarda dal punto di vista del profitto privato - questa sarebbe invece la scelta migliore da fare, contro le strutture anaerobiche che producono energia ma inquinano.

 

Gianluca Ricciato

 

[1] «Facilitare processi di economia circolare sul territorio attraverso la fornitura di beni e servizi ad amministrazioni e privati, per migliorare l’impronta ecologica di processi e prodotti» è tra le mission della cooperativa InnovAction, come si legge nella presentazione delle sue attività. Cfr: http://www.pugliacreativa.it/associati/albo/dettaglio.asp?id=300