Olio Febo

C’è un momento preciso in cui Chiara Paladini, che si occupa di Storia della filosofia medievale, ha deciso di riprendere in mano le terre possedute dalla sua famiglia da cinque generazioni. È successo quando si trovava in Germania, dove ha vissuto e lavorato per otto anni: è stato lì che per la prima volta si è resa conto del tesoro che dormiente delle terre nel sud della Puglia, bistrattate e abbandonate.

Così ha preso una decisione controcorrente, cioè recuperare i terreni di famiglia e rimetterli in produzione, ricostituire la proprietà frammentata e allargarla acquistando nuovi terreni. Il nome scelto per l’azienda si ispira sia a quello di una delle contrade su cui sorgono gli ulivi secolari, sia all'epiteto del dio greco Apollo e significa "splendente", "luminoso". È il richiamo a quel sole sotto cui crescono tutti gli ulivi pugliesi, al clima mediterraneo.

L’azienda oggi conta circa 40 ettari, con piante di diversa età di cultivar Cellina, Ogliarola, Pecholine, Nociara, Leccino, Coratina che danno vita ad un olio fruttato medio, un olio intenso e a diversi oli aromatizzati con aromi naturali. Le difficoltà non sono state di certo poche per Chiara, a cominciare dal riuscire a far applicare i metodi dell’agricoltura biologica agli operai, poco abituati a sistemi non convenzionali, perlopiù dettati da una donna che purtroppo in molti luoghi del sud viene percepita come estranea al mondo agricolo.

Fortunatamente le cose nel tempo sono cambiate e oggi Chiara afferma: «Il mio obiettivo era quello di rigenerare i terreni non solo nella convinzione che sia moralmente giusto, ma anche che sia l’unica opzione possibile oggi. La catastrofe ambientale a cui stiamo assistendo ha dimostrato che i metodi convenzionali non sono sostenibili: la terra per rigenerarsi ha bisogno di tempo, ma se perseveriamo verso l’iper produzione, non lasciamo alla terra il tempo necessario per rigenerarsi. Noi vogliamo continuare a produrre cibo sano ed è perciò necessario cambiare metodo: la sfida è farlo non su pochi ettari, ma su un’azienda medio-grande come la mia».