Pasta artigianale o industriale? Ecco le differenze che un “mangia maccheroni” dovrebbe sapere.

Le differenze tra pasta artigianale e industriale ci sono, nella produzione come nel gusto

 

La pasta artigianale è l’Italia. Comfort food per eccellenza, tra pasta secca, all’uovo o ripiena ne produciamo quasi 3 milioni di tonnellate e ne consumiamo a testa 28 chili l’anno. La pasta è l’alimento preferito per un italiano su due: la mangiamo in media cinque volte a settimana, spesso al pomodoro, senza disdegnare il ragù e amando perdutamente la carbonara. Rigorosamente rigata, sempre più spesso integrale; anche se gli spaghetti mettono tutti d’accordo, la preferiamo corta. Nella cosiddetta Food Valley in provincia di Parma, abbiamo creato addirittura il Museo della pasta, che in dieci sezioni ne racconta la storia, la produzione e le tradizioni. 

Ci sono differenze però. La pasta industriale e la pasta artigianale sono cugine, più che sorelle. In cosa differiscono? L’origine del grano impatta sulla qualità? Meglio la trafilatura al bronzo o al teflon? E per prima cosa, cos’è la pasta? Tutte notizie che noi “mangia maccheroni” dovremmo sapere.

 

Di cosa parliamo?

Cos’è la pasta? “Sono denominati pasta di semola/semolato di grano duro i prodotti ottenuti dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasti preparati rispettivamente ed esclusivamente: con semola o semolato di grano duro ed acqua”. Così la legge italiana definisce la pasta, grazie al decreto che disciplina la lavorazione e il commercio di cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari. Un affare di interesse nazionale.

In Italia, esistono oltre 300 tipi di pasta, che si distinguono per la tipologia dell’impasto, per il formato e per l’eventuale ripieno. Dalla pasta secca a quella ripiena, lo stivale è pieno di formati di pasta nazionali ma anche regionali, come cavatelli, orecchiette, strozzapreti o le sagne ritorte. Senza contare i condimenti e gli abbinamenti tra formati e condimenti. Linguine al ragù? Trenette alla carbonara? Penne alle vongole? Meglio di no.

 

Differenza tra industriale e artigianale

I panifici artigianali sono più piccoli, attenti alle tradizioni locali e alla qualità e varietà del grano. Vero, ma c’è dell’altro. La differenza più marcata tra pastificio industriale e pastificio artigianale riguarda il tempo di essiccazione. L’essiccazione della pasta artigianale è più lenta delle sei o sette ore industriali: si parla di un arco di tempo che va dalle 24 alle 72 ore (per alcuni formati si arriva fino a 5 giorni). I lunghi tempi e le basse temperature, contribuiscono ai naturali processi di fermentazione che aggiungono gusto e sapore al prodotto finale, preservando tutte le caratteristiche nutrizionali. Il trattamento di pastorizzazione spesso utilizzato dall’industria comporta una perdita dei valori nutrizionali e una diminuzione significativa della lisina, uno dei 10 amminoacidi essenziali da includere nella nostra dieta. Salute e gusto se ne dispiacciono.

Grano italiano o estero?

Per far fronte al fabbisogno nazionale, spesso le industrie italiane utilizzano miscele di semole ottenute da grani di diversa provenienza sono costrette a comprare il grano dall’estero. Per forza, perché l’Italia non ce la fa. La produzione italiana non riesce a soddisfare la grande richiesta interna, e esterna. Niente di male, se non fosse che ultimamente la questione del glifosato presente su una parte del grano duro in arrivo nei nostri porti, ha scatenato l’opinione pubblica. Di certo, non c’è molta differenza se anche il grano coltivato in Italia è irrorato di pesticidi o fertilizzanti. 

Fortunatamente però, la pasta artigianale proviene da un grano diciamo, “etico”. Numerose aziende agricole italiane stanno recuperando le varietà locali, abbandonate da tempo, per mantenere alta la biodiversità. Le aziende stesse spesso, riescono a chiudere la filiera (da sole o in collaborazione con altre piccole realtà territoriali): dalla coltivazione del grano, alla molitura in piccoli mulini o mulini di comunità fino alla produzione di pasta artigianale. Non è economia circolare anche questa?

 

Trafilata al bronzo sì o no?

Le trafile al bronzo, altra grande differenza. Il bronzo è un materiale più ruvido sulla superficie, richiede una superiore qualità della semola e lavorazioni più lente per non sforzare gli impasti, rischiando la rottura della massa. Se alla trafilatura al teflon si sostituisce quella al bronzo, le papille gustative ringraziano: la combo grano saporito e passaggio nel bronzo rende la pasta quasi di un altro pianeta. 

E come si riconosce una pasta trafilata al bronzo? Facile, scordiamoci il giallo fluo di alcune penne lisce come la seta. La pasta artigianale al bronzo è ruvida, biancastra e opaca. Alle volte un po’ storta.

 

E quindi?

Essiccazione lenta e trafilatura al bronzo, giusto condimento con giusto formato. Grano buono, da agricoltura rispettosa. 200 grammi a testa. Lentezza e qualità. La pasta artigianale è questo. Non è forse ciò di cui abbiamo bisogno?

Campagna di comunicazione realizzata con il contributo della Regione Puglia “Norme per il sostegno dei Gruppi Acquisto Solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli a chilometro zero" - L.R. 432012

Silvia Moroni - Parla Sostenibile

 

 

 

 

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