Ambiente ed ecosistemi: transizione o rivoluzione?
Una notizia degli ultimi giorni che ci colpiti è quella della condanna in primo grado di numerosi cittadini salentini che si sono opposti alla costruzione del gasdotto TAP. Un episodio storico, politico e giudiziario che a nostro avviso fa notizia per le contraddizioni che porta in sé. Contraddizioni che si sono consolidate man mano che il progetto avanzava e che la battaglia territoriale del Movimento No TAP subiva la sconfitta di veder realizzata l'opera tanto osteggiata. Una sconfitta sul campo ma che si è trasformata in una vittoria in termini di verità storiche scaturite dall'inesauribile opera di denuncia che il movimento ha profuso e ancora continua a portare avanti. Vi spieghiamo perché.
Quando a marzo del 2017 nelle campagne di Melendugno giunsero i primi mezzi della multinazionale, il popolo salentino scese in piazza con migliaia di persone e si oppose, anche fisicamente (da qui scaturisce la condanna di questi giorni), alla grande opera che il tempo ci sta dimostrando come fosse realmente "ingiusta, illegale, inutile e dannosa".
Ingiusta perché non contemplava il confronto con le comunità. Illegale perché basata su forzature procedurali di cui lo stesso Ministero dell'Ambiente si rese complice. Inutile perché l'Italia consuma meno gas rispetto ai suoi approvvigionamenti che scaturivano dai contratti in essere. Dannosa perché ha devastato il territorio lungo tutto il percorso dall'Azerbaijsn all'Italia, ma soprattutto perché continua a basarsi sull'utilizzo di fonti fossili, considerate dagli Accordi di Parigi del 2015 come il primo problema da risolvere per contrastare i cambiamenti climatici.
Ma il gasdotto TAP "si doveva fare" perché era considerato "un'opera strategica". Un'opera legata a interessi nazionali e transnazionali. Legata a interessi geopolitici. Una spiegazione che non lasciava spazio a soluzioni alternative.
TAP era un affare di Stato e gli affari di Stato non si discutono.
Oggi vogliamo riflettere proprio sul concetto di "opera strategica " e vogliamo farlo accostandolo al famigerato concetto di "transizione ecologica", perno attorno a cui (si dice) ruoterà l'intera politica economica e industriale dell'Europa, se non del mondo.
Le perplessità nascono quando ci si accorge che, nei programmi enunciati dal Governo, non si parla mai di abbandono delle fonti fossili (come il metano), di estrattivismo, di biodiversità, di ecosistemi, di animali, di piante.
Inoltre, il termine "transizione" dà l'idea che prima di arrivare al punto bisognerà aspettare ancora. Come se si stia preparando un purgatorio dove ancora tutto sarà possibile, perché il mondo non si cambia dall'oggi al domani ed ha bisogno di una ennesima fase di transizione.
I cittadini salentini del Movimento No TAP, a cui va tutta la nostra vicinanza, sono stati condannati in primo grado con una sentenza pesantissima. Quei cittadini evidentemente stanno pagando un prezzo altissimo per aver denunciato con veemenza le contraddizioni di quella ragion di Stato, ma possono camminare a testa alta perché hanno creduto e credono in una vera "transizione ecologica" o meglio in una "rivoluzione ecologica e culturale".
Noi oggi lottiamo per giungere a una fase storica in cui i Paesi di tutto il mondo avranno come obiettivo primario quello di riportare l'ecosistema a un punto di equilibrio; dovele fonti fossili, in virtù di un reale progresso scientifico, vengono sostituite da fonti rinnovabili e dove l'ossessione per gli equilibri economici, in virtù di un reale progresso umanistico, viene sostituita da una ossessione per gli equilibri ecosistemici. Una fase storica dove la tutela dell'ambiente diventa affar di Stato e dove il ripristino degli ecosistemi diventa l'unica grande opera "strategica" da realizzare.